Stefano Cattinelli

Le basi dell'accompagnamento empatico alla fine della vita: un viaggio nella relazione con il nostro animale

Nel 1993 quando ho intrapreso gli studi di Omeopatia sono stato testimone di un fatto molto particolare dentro il mio cervello.

All’università mi avevano indicato i batteri, i virus e i funghi come i nemici da combattere e mi avevano insegnato ad usare delle armi terapeutiche per sconfiggere questi pericolosi nemici.
Quando iniziai a studiare la dottrina omeopatica la mia percezione cambiò completamente.

I batteri e i virus che fino a poco tempo prima mi sembrava di vedere chiaramente davanti ai miei occhi incominciarono a diventare…come sfuocati; persero di nitidezza.

La figura sullo sfondo invece, quella che avevo del tutto ignorato fino a quel momento, iniziò lentamente a prendere forma.
La mia vista allargò il campo visivo e la mia percezione del mondo mutò.

“Non sono i batteri o i virus il bersaglio dei miei interventi terapeutici ma piuttosto il terreno sul quale si sviluppano” mi dissi e da lì in poi la mia vita professionale si trasformò definitivamente.

Questo passaggio, avvenuto dentro la mia testa come nuova consapevolezza, mi aprì la possibilità di percepire il mio paziente secondo una doppia possibilità.

Se stingevo la mia percezione potevo indirizzare i miei sforzi terapeutici contro i batteri, se allargavo la mia visione potevo sostenere l’organismo, il terreno, l’animale a rinforzare le sue difese immunitarie.

Ora mi sentivo più ricco; le possibilità di scegliere la giusta terapia erano enormemente aumentate.
Più passò il tempo e più però mi innamorai della visione allargata.

L’organismo, con le sue leggi intrinseche e con la sua connaturata capacità di guarigione, stimolava maggiormente la mia sete di conoscenza.

Di conseguenza iniziai ad interessarmi di più al paziente che non alla malattia.

Nel 1997 iniziai ad occuparmi di accompagnamento empatico agli animali morenti.
Dentro di me si era definitivamente stabilizzata la percezione allargata donatami dall’omeopatia.

Il nome della malattia era passato stabilmente in secondo piano rispetto alla complessità fisico-emozionale dell’animale.
Ogni paziente era diverso dall’altro: questo era il dato di fatto e non esisteva un paziente uguale ad un altro.
Mi accorsi ben presto che questo concetto era perfettamente presente anche nel momento in cui mi trovavo ad accompagnare un animale alla fine della vita.

Come non esiste un paziente uguale ad un altro così non esiste un accompagnamento uguale ad un altro. Questo era il dato di fatto e questo sperimentavo quotidianamente nella mia pratica ambulatoriale.

Il modo in cui si spegneva un animale non dipendeva assolutamente dalla malattia che aveva.

Un collega un giorno mi chiese: ho un cane con una insufficienza cardiaca, cosa faresti tu?.
Un altro mi domandò: ho un gatto con una insufficienza renale, cosa posso fare?
Io gli rispondevo. Chi è questo cane? chi è questo gatto?

Quando nel 1997 incominciai ad accompagnare gli animali morenti molto raramente mi capitava di accompagnare animali anziani che avevano solo qualche acciacco dell’età.
La maggior parte avevano tumori invasivi, con o senza metastasi, spesso di grandi dimensioni, insufficienze di organi (cuore, reni, fegato) paralisi, crisi epilettiche o gravi patologie comportamentali.

Non potevo pensare che nel momento della morte dell’animale tutto quello che avevo imparato, anche con parecchia fatica, lo dovevo far sparire con un colpo di spugna.
Concentrarsi solo sulla malattia significava, per me, tornare indietro e rinunciare ai preziosi cambiamenti avvenuti nella mia testa.

Nel 2006 uscì il mio primo libro sull’accompagnamento dal titolo: Amici fino in fondo.
La Macro edizioni mi respinse il manoscritto perché l’argomento non era di attualità. L’amico Mimmo e la Cristina di AAm terranova lo accolsero anche perché la loro casa editrice stava nascendo e avevano bisogno del decimo libro per entrare nei canali della distribuzione nazionale.

Ad oggi il libro ha venduto circa 10.000 copie.
L’accompagnamento empatico si era fatto strada nella coscienze della persone.
Come possibilità e non come verità assoluta.
La persona che viveva con un animale ora poteva semplicemente scegliere. Non più solo e sempre l’eutanasia ma anche stare vicino al suo animale e vederlo spegnersi serenamente, naturalmente e senza dolore.

Negli anni successivi alla pubblicazione del primo libro iniziai a fare anche consulenze telefoniche: ogni settimana seguivo almeno due accompagnamenti.
Le persone che leggevano il libro poi mi chiamavano.
A spanne avrò accompagnato fino ad oggi più di un migliaio di animali.

Una casistica alquanto ampia che mi ha permesso di conoscere i meccanismi che regolano questo evento sacro.
Come un qualunque falegname di medio valore che costruisce la sua prima sedia anche la mia, all’inizio, traballava un pochino. Alla centesima ho capito come fare; alla cinquecentesima ho preso parecchia confidenza alla millesima….

Nel 2010 è uscito l’altro libro: Il dono spirituale edito dalla mia amica Elena Grassi per Impronte di luce.
Un libricino che valorizzava di più la parte dell’approfondimento spirituale.
Più aumentava la mia casistica e più mi rendevo conto che non era tanto il tipo di malattia che determinava il modo nel quale l’animale sarebbe morto quanto piuttosto il modo nel quale la persona si avvicinava a questo mistero e a questa conclusione di un ciclo della sua vita.

In maniera simile a quello che mi era successo nel passaggio dall’approccio scientifico a quello omeopatico l’esperienze che facevo mi obbligavano sempre più ad allargare ancora di più la percezione. Dal dettaglio al sistema.

Dentro la vita dell’animale, nel sistema dell’animale, c’è sempre una persona.
Questa persona è un individuo unico: ecco perché non esiste nessun accompagnamento uguale ad un altro.

Ecco perché non è importante la malattia che ha l’animale ma cosa pensa, cosa sente e quali sono le azioni della persona che rappresenta il punto di riferimento esistenziale dell’animale.
Se una persona mi domanda come morirà un animale con una insufficienza cardiaca dico: dipende dall’animale e dipende da chi lo sta accompagnando a morire.

Uomo e animale sono un tutt’uno.

Dott. Stefano Cattinelli
Medico Veterinario esperto in omeopatia

www.stefefanocattinelli.it
www.armonieanimali.com

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